Il ferro da stiro
tra i ferri del mestiere
di scrivere.

Lo devi passare su tutta la superficie del testo, in tutta la sua lunghezza se vuoi fare indossare al lettore una scrittura senza pieghe. Lo devi fare scivolare nei punti più stretti e contorti: invece di un asset, procurati un asse da stiro.

Su quel piano dovrai seguire l’anatomia della scrittura: collo, spalle, ascelle, polsi. È lì che si nascondono le grinze di una pagina scritta: il verbo senza nerbo, l’avverbio stravaccato sul divano in tutta la sua lunghezza, l’aggettivo che fa il minimo sindacale protetto dal sindacato Marketing.

Il ferro da stiro è uno dei ferri del mestiere di scrivere. E il ferro non si piega ai colpi di martello. Come la lingua di chi scrive non dovrebbe piegarsi ai martellanti linguaggi del marketing che fanno la messa in piega alla comunicazione delle aziende. Il rischio è che la luce salti e con lei il lettore. La scrittura non dovrebbe lasciarlo al buio.

Eppure, sono sempre più frequenti i black-out durante la lettura dei testi scritti dalle aziende. E sono sempre di meno le aziende padrone del quadro elettrico della lingua italiana. Perché sono sempre di più i manuali del marketing che mettono le mani nella lingua e la manomettono. Il rischio di rimanere fulminati dai linguaggi è alto come la tensione.

È un altro il tipo di tensione che ti prende di fronte alla pagina bianca. Più che una tensione è una mancata distensione in ogni riga del suo spazio: è un falso problema non trovare le parole da mettere in fila. Sono capricci aristocratici. Biscottini da inzuppare nel tè delle 5 tra chi si mette a discutere sulla tazza troppo bollente per essere presa in mano.

Il vero problema invece è riuscire ad alzare la temperatura della scrittura che metta insieme le parole. Quel calore di una presenza vitale che senti quando leggi una pagina fatta di parole scelte dal freddo di un vocabolario. La differenza tra il vocabolario e quello che scrivi la fanno i gradi centigradi: se saprai metterli sulla pagina allora quello spazio diventerà una stanza ospitale.

Quando un hotel è apprezzato per la sua ospitalità il merito è di chi fa le pulizie di parole in ogni piano del testo, di chi sa che cosa fare per mettere in ordine le stanze delle frasi, di chi sa sprimacciare un cuscino come una pagina scritta. La scrittura è come la cameriera ai piani. È un lavoro che non si vede, ma che un ospite sente appena mette il naso dentro la stanza o che il lettore percepisce appena mette il naso dentro una pagina.

Per mettere qualcosa che funziona sulla pagina devi iniziare a scrivere dal primo minuto per capire prima di tutto che cosa vuoi dire, e devi non vedere l’ora di finire per sapere che cosa soprattutto dall’inizio ti sei detto. Lo scoprirai mentre scrivi quello che devi scrivere. Troverai sulla pagina quello che cerchi, basta solo iniziare: c’è qualcosa che ti aspetta in mezzo a quel bianco. Alla fine, la scrittura ne sa più del suo autore.

Mettersi di fronte a una pagina bianca è un po’ come risolvere un giallo. La scrittura è il metodo di indagine: scrivere è scoprire che cosa c’è sotto. Mentre legge il lettore crede che l’autore delle pagine ne fosse a conoscenza ancora prima di iniziare a scriverle. In realtà, l’autore è solo un detective che indaga con gli indizi raccolti dalla realtà, quando si tratta di risolvere un caso di scrittura, o con i fatti di una storia quando si tratta di risolvere un caso di narrazione.

E allora, invece di scoprire sempre la solita acqua calda del marketing, mettiti a scrivere come se fosse ogni volta una nuova scoperta. Scoprirai che la classe in materia di scrittura non è acqua, al di là della sua temperatura, e soprattutto non è una masterclass che ti promette di rimuovere il limite della pagina bianca e di farti uscire dal blocco dello scrittore.

Quando chi scrive non si fa mancare nulla esprime sulla pagina la sua totale incapacità. In quella pagina mette il suo un atteggiamento di scrittura, non la scrittura. Perché il compito di un autore è farsi mancare quasi tutto della scrittura. Perché se hai quasi tutto a portata di mano – le 1853 pagine dello Zingarelli, le 1061 pagine del vocabolario dei sinonimi, i 24 modelli di scrittura da copiare e incollare – a che cosa ti serve l'immaginazione?

Se vuoi imparare a scrivere devi importi dei limiti, non prenderti tutte le libertà. La vita sulla pagina scritta è una vita di restrizioni, non di assembramenti. Solo i limiti che ti imponi ti faranno vedere quello che ancora non c’è, immaginare qualcosa che ancora non esiste, sognare una realtà troppo grande per continuare a stare dentro un cassetto. Meglio allora iniziare a tirarla fuori con la scrittura che – a ben guardare – non è una noiosa questione di stile, ma una pericolosa faccenda di materiale.

Ogni parola scritta dovrebbe materializzarsi nella consistenza del vetro. Diventare trasparente come la sua profondità, scorrevole come la sua superficie, tagliente come il suo spessore. Un po’ di rischio devi correrlo: è il segno che quello che stai leggendo ti ha portato dentro una storia. Se non senti il rischio che corre il protagonista, quella non è una storia. È solo comunicazione, dove purtroppo non corri nessun pericolo.

Chi scrive dovrebbe avvicinarsi a un mastro vetraio, non a una masterclass. A qualcuno che gli apra gli occhi su una storia d’amore con la parola scritta fuori misura. Perché se un amore è commisurato a qualcosa, allora è commissionato da qualcuno. E così si commette un peccato poco originale: macchiarsi della retorica dei linguaggi. Come la retorica della facilità: un ripieno per dare sollievo al sintomo più smart della socialcrazia: la pigrizia.

Una lingua invece è come Maria: piena di grazia per il lettore. Il Signore verbo è con te, s’intende. E con tutto il suo spirito ben coniugato. Una Maria da pregare almeno una volta al giorno perché ti mandi la sua benedizione sulle parole che manderai al lettore. Una Maria da pregare senza il rosario che sgranano gli evangelisti dei linguaggi, ma con una rosa di parole sacrosante in testa per iniziare a scrivere come Dio comanda.

Andrea Ingrosso

Copywriter – Autore di scrittura per le aziende.

© 2022 Mamy

DOLCE ATTESA.

La prima stesura la scrivi per te. La seconda o la terza per il lettore. Perché riscrivere quello che hai già scritto trasforma quello che all’inizio era solo alla tua portata in qualcosa alla portata di tutti. Solo lì dovrai portare il lettore: nella tua ultima riscrittura. Quella che ha superato il tagliando per la pubblicazione. È l’argomento della lezione 9 del corso Anatomia della scrittura. Scrivimi a questo indirizzo pancione@mamyadv.com o chiamami a questo numero 338 5322126. Sarà un piacere per me presentarti le 10 lezioni.