ALLO STORYTELLING
PROPRIO NON VANNO
GIÙ LE STORIE.

Quando la narrazione sale a bordo di un cargo, il cargo diventa narrazione. La trasformazione è analogica, non digitale. Perché una storia nasce dall’esperienza di qualcosa estratto dalla cosa che l’ha ispirato, e per fortuna non ancora digitalizzato.

Lo storytelling è solo la cronologia dei post pubblicati nei social media. La contabilizzazione di quello che esce dal piano editoriale e di quello che entra sotto forma di pollice alzato, che il marketing santifica e la digitalizzazione certifica. Il prodotto di un’azienda invece – come tutti quelli a bordo del cargo – è il risultato di un lavoro logico. Il racconto di un’azienda è il risultato di un lavoro analogico: sviluppa la storia con protagonista il prodotto.

La corrispondenza tra due creazioni diverse – il prodotto, la storia – ma collegate da uno stesso filo: dentro il prodotto nasce la storia e dentro il suo racconto il lettore si ritrova. È così che prodotto e storia diventano l’uno il riferimento dell’altro: il prodotto ricorda al lettore la storia, e la storia gli ricorda il prodotto.

Nessuno invece si ricorda dello storytelling: ha un’obsolescenza così precoce che nemmeno il trattamento anti-età all’acido ialuronico può allungargli tutta quella vita ridotta a poco più di un istante. Lo storyteller scrive sotto dettatura di un marketing fatto sempre di più all'ultimo instante. La narrazione di una storia invece è Evergreen anche se inizia con «C’era una volta...»

Chiedersi perché scrivere una storia ti lascia ogni volta un retrogusto psichiatrico. La sua cronica sudditanza si distende sul lettino dell’autoanalisi. Il perché è un disperato. Chiedersi che cosa scrivere in una storia invece ha sempre l’autorevolezza dei fatti. Alla fine, i conti della realtà devono tornare nel bilancio del racconto. Il che cosa è un ragioniere della trama. Ma è chiedersi come scrivere la storia quello che in fondo ti serve. La sua spregiudicatezza ribalta la disperazione in immaginazione, rompe gli schemi e tira fuori il racconto da una storia. Il come è un narratore.

Lui getta le fondamenta dei fatti accaduti e su quella base un’azienda ritrova sé stessa. La capacità di narrarli produce la sua identità e a bordo di quel mezzo la porta agli altri. La comunicazione invece si occupa dell’ego e collega l’azienda solo a sé stessa. È come premere un palloncino: il volume dell’aria non cambia mai, cambiano le forme che assume. Il marketing ti gonfia al punto limite, il branding ti deforma con il suo make-up digitale.

È anche per questo che l’immagine è meno importante della parola. Lo è non perché l’immagine sia inferiore rispetto alla parola. È meno importante invece perché l’immagine è una cosa, mentre la parola è l’idea di una cosa. E quando la parola è un’idea ha sempre un’immagine dentro di sé. Insieme alle altre sue simili si prende gran parte della scena sulla pagina.

Quello che scrivi invece si prenderà il tempo degli altri. Fare in modo che non sia tempo rubato rispetta la settima arte, oltre al settimo comandamento. Raccontare è fare trovare a loro qualcuno perché in lui si possano identificare. Il personaggio è l’unica alternativa al trucco e parrucco del personal branding. Si farà riconoscere soprattutto per la sua volontà sotto pressione invece del qualunquismo di chi in un brand si personalizza per fare solo ottima impressione.

Ma nel caso in questione è bene riconoscere i ruoli e distinguerli per non creare sovraimpressioni. Lo storyteller è un social media manager che svolge il compitino suggerito dall'ultimo dei manuali di storytelling. Un narratore invece unisce i punti di vista della narrazione che un po' di vita spericolata riesce a metterla sulla pagina con la scrittura.

Vivere con un senso di colpa addosso è il costume di scena dei personaggi di una storia. Da quel guardaroba escono i romanzi per i libri, i film per il cinema, i drammi per il teatro. Purtroppo, non lo storytelling per le aziende. Una comunicazione fatta di prodotti innocenti, senza macchie, ma con tante lodi non ha mai fatto storia. Ma soprattutto non ha mai fatto di nessuno prodotto il protagonista della propria storia.

A muovere i fili del personaggio saranno le frasi scritte che lo mettono in scena: spinte, spintoni e spintarelle che mandano avanti la storia. A mandare avanti lo storytelling invece è lo spin doctor del marketing. Si sa dove inizia, ma non quando finisce. Tu invece inizia il più vicino possibile alla fine: raccontare è mandare avanti la narrazione mentre torni indietro con la storia. Iniziare il più vicino alla sua morte è quello che la tiene più in vita. Lo fa per raccontare al lettore tutte le cose terribili che sono accadute.

Così, gli torneranno i conti oltre alle immagini che troverà dentro le parole che hai scelto come un regista e nelle prime 5 pagine che hai montato come montatore. Fare finta che la storia sia quella là è proprio il motivo di iniziare il racconto il più avanti possibile, per poi rilevare – mentre il lettore torna indietro – che in realtà era tutta un’altra storia.

Perché il dovere di una narrazione è di raccontare a tutti che non c’era solo una volta, ma c'è ancora – per fortuna – una parola sveglia, non sdraiata sul lettino del neuromarketing. Una parola che si alza presto al mattino e non si piega alle tentazioni psichedeliche dello storytelling.

Perché il dovere di una narrazione è in ogni faccenda che riguarda tutti noi come riguarda un’azienda: formale o informale, social o reale, istituzionale o irreale. Perché chi mette le calzature alle zampe di un gatto vede anche una carrozza dentro una zucca o un pupazzo dentro un pezzo di legno. E chi porta gli stivali sa anche ritrovare scarpette, come un falegname che parla a un pezzo di legno trova un figlio mai avuto o una regina che parla a uno specchio ritrova una bellezza che aveva perduto.

Il marketing sotto le lenti a specchio dello storytelling invece si vede in ogni angolo dei social, ma non c'è traccia della narrazione. Allo storytelling proprio non vanno giù le storie. Forse perché non sa qual è il posto migliore dove le persone preferiscono incontrarsi. Che sia la loro storia d’amore o una qualsiasi storia scritta sulla pagina è tra le parole dette o lette che le persone si incontrano. Nei racconti ci sono persone. I lettori sono persone. Lo scopo di un narratore è farle incontrare.

Andrea Ingrosso

Copywriter – Autore di scrittura per le aziende.

© 2021 Mamy

DOLCE ATTESA.

Leggere un classico della narrazione è sempre un piacere. Ma riscrivere quel racconto secondo il proprio punto di vista narrativo è un piacere doppio. Si smontano i fatti dall’ordine cronologico della storia e si rimontano le scene secondo il proprio gusto cinematografico. È l’argomento della lezione 5 del corso di narrazione Ciak, si racconta. Scrivimi a questo indirizzo pancione@mamyadv.com o chiamami a questo numero 338 5322126. Sarà un piacere per me presentarti le 10 lezioni.